Scrive Luca Manzoli (Teologo) in occasione della personale al Museo Diocesano Mantova 2014

Adottando una pittura a larga prevalenza figurativa, l'artista Daniela Savini intende sottolineare il protagonismo della persona nel mondo: è la persona ad esserne al centro (come all'origine nel progetto di Dio) ed è la persona stessa a definirne i contorni, cioè solo attraverso di lei, i suoi pensieri, sentimenti, consapevolezze possiamo avere accesso al mondo.

D'altra parte nel mondo la persona ha ormai perso i punti di riferimento sicuri e chiari che le permettevano di vedersi intera e unitaria, come un tutto ben compaginato, secondo il progetto del Creatore. Allora la persona non può che sentirsi e vedersi spezzata, come somma delle sue parti piuttosto che una unità armoniosa. E' la consapevolezza e la coscienza di tale finitezza, come si evince dalle opere, non fa altro che aggravarne la situazione, facendo sprofondare la persona in un abisso che lei stessa ha scavato.

Nelle opere è altresì evidente una volontà di denuncia volta a suscitare una reazione; Daniela sembra gridare: "tu uomo, non vuoi uscire dai limiti che tu stesso ti sei imposto e che ti costringono a vederti a "pezzi"? Non vuoi riappropriarti della tua vera identità, cioè quella dell'essere della Creazione che porta Dio ad esclamare che quanto ha fatto era, è e sarà sempre cosa molto buona (Gn 1,31)?"