Rita Mascialino, Daniela Savini: Tormento d’identità, Ansia e preoccupazione di una madre, L’ultima cena, Nell’oscuro, Il lavoro nobilita l’uomo. Pittura:III Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ® V Edizione 2015: Kulturni Center Lojze Bratuž, Gorizia: www.franzkafkaitalia.it: Recensione.
Foto di Pier Luigi Bumbaca, Gorizia
Le opere di Daniela Savini dai titoli Tormento d’identità, Ansia e preoccupazione di una madre, L’ultima cena, Nell’oscuro e Il lavoro nobilita l’uomo, sono sia dipinti ad olio che incisioni a puntasecca, ossia ottenute senza l’utilizzo dell’acido, come il nome della tecnica evidenzia, bensì con una punta metallica direttamente sulla matrice.
Nel dipinto ad olio Tormento d’identità si ha una donna, come si evince dal volto bellissimo, il cui corpo tuttavia presenta molti tratti maschili. La Savini, che è pittrice per eccellenza della più grande crisi d’identità che abbia mai afflitto i due sessi come nell’epoca attuale, raffigura in tale dipinto la tristezza che tale più dinamica interpretazione dell’identità maschile e femminile, nel caso appunto femminile, tristezza non solo per un aspetto misto e composito, ma anche e soprattutto per l’effetto sulla personalità della protagonista del dipinto. La persona rappresentata mostra solo parzialmente il capo come supporto del volto, ma appunto non ritratto, segno diretto in questo contesto di idee ed emozioni che è la testa e quanto vi sta dentro, ossia i circuiti cerebrali e metaforicamente quindi, per così dire, la personalità e identità che per loro virtù si realizzano, che non è più a senso unico quanto a caratteristiche tradizionalmente tipiche del genere. La donna indossa pantaloni e ha assunto una posa molto poco femminile e più maschile, senza riservatezza, anche in questo simile alla noncuranza delle posture maschili che non mostrano in genere alcuna riservatezza nell’esibizione del loro corpo. Il busto di tale donna, senza le fattezze di norma femminili e particolarmente importanti come contrassegno del ruolo femminile, risulta alla vista come fosse fasciato con una garza, una benda, come fosse il risultato di una ferita appunto medicata, a sua volta risultato di un’asportazione, da cui il tormento di identità. Nella tela ad olio Ansia e preoccupazione di una madre si ha ancora il medesimo tema diversamente elaborato nei toni del più caldo marrone e tonalità del rossastro. Qui c’è un volto per così dire tradizionale di una madre anche vestita in modo femminile, quasi una madre d’altri tempi con il capo contornato non da un’aureola divina, ma da una cornice bianca come simbolo di purezza, quella purezza che un tempo era pretesa per le donne come omaggio e anche sacrificio dovuto alla famiglia, al compagno. La sua preoccupazione non è tuttavia solo quella per i propri figli, bensì tale preoccupazione, comunque presente implicitamente nel termine madre, si rivolge più direttamente a se stessa, alla propria identità che nel profondo non appare come nel volto mostrato e che indirettamente coinvolge anche l’educazione dei figli. Tematica rilevante quella presentata in questa tela da Daniela Savini che sempre più si individua come grande artista del Duemila. Di fatto anche la madre non può più essere oggi come quella di una volta, solo votata al sacrificio per la sua prole, per gli altri in generale. In tal senso si nota a sinistra guardando il dipinto un volto di donna messo trasversalmente, ben diverso da quello esposto allo sguardo di tutti in primo piano, un po’ come una seconda identità tenuta nascosta al prossimo, ma ben presente alla donna, un volto laterale che mostra tratti espressivi inquietanti o almeno tali per il ruolo di madre. Si intravedono anche come in sovraimpressione due mani della stessa che legano e tirano dalla propria parte l’effigie in primo piano, che appare perplessa e dubbiosa sul da farsi per affrontare la duplice identità. In altri termini: la madre sente affiorare nelle pieghe più nascoste del proprio Sé una figura meno materna e soprattutto spregiudicata nell’espressione degli occhi. Tale diversa identità appare alla madre quasi come quella di un demone malvagio, tanta è ancora nella donna, in questo dipinto, l’assoggettamento a ruoli che le impongono il sacrificio di sé, al punto che ogni discostamento dal modello sacrificale che ha portato da tempi immemorabili sulla sue spalle le fa paura, come non se ne sentisse all’altezza e come lo avvertisse come deragliamento dai suoi doveri, da quei doveri che la tradizione, si deve dire patriarcale e maschilista, le ha imposto con le buone o, più spesso, con le cattive. La persona raffigurata non è solo una donna, è una madre che ancora teme di presentarsi ai suoi figli con un volto meno tradizionalmente materno, con tratti meno ideali e idealizzati. Nel dipinto ad olio L’ultima cena si ha una interpretazione originale e anche piuttosto audace dell’ultima cena. In luogo del sangue di Cristo sta una ciotola di ciliegie che spargono attorno il loro succo rosso, tutt’altro che sacrificale. L’uomo sta a tavola da solo, alla fine del pasto, a bocca sporca di ciliegie e guarda in alto sconsolato, infastidito, un Cristo, se dobbiamo tenere per buono il titolo, visibilmente stufo del suo ruolo sacrificale e più propenso per una vita almeno normalmente godereccia come le ciliegie simboleggiano alla fine del pasto in luogo del vino inteso come sangue della vicina uccisione di Cristo. Un Cristo dunque che pare pentito di avere accettato il suo ruolo di agnello sacrificale e che preferisce la vita terrena con le sue bontà da godere. Il fastidio viene in lui provocato allora per il contrasto con quanto pare debba essere e quanto il personaggio invece ha realizzato o realizza perché voluto come individuo. Anche qui un deragliamento per così dire da ciò che la tradizione appunto tramanda, un deragliamento solo apparentemente blasfemo, in realtà solo prospettante un disagio che coinvolge oggi anche il sentimento religioso, in crisi come ogni valore nell’epoca nuova. E anche qui un busto maschile che associa nella mollezza e morbidezza qualcosa di femminile ed in aggiunta l’immagine presenta una tavola di vetro che riflette le prospettive sfasandole così che l’uomo pare continuarsi in un corpo grasso e femminilmente impostato, da buona donna di casa. Ci sono ora due incisioni a puntasecca. Una, Nell’oscuro, riguarda il ritratto di un uomo raffigurato di profilo, senza corpo ma sospeso in aria, ossia senza una base su cui poggiare in stabilità, per così dire campato in aria. In una metà della testa si vedono capelli maschili, nell’altra metà si intravede una chioma sul genere del femminile. Al suolo sta abbandonato il famigerato frutto del Giardino dell’Eden, la mela che nessuna donna dà a quest’uomo e che quest’uomo è ben lungi dal poter cogliere e utilizzare. Ancora un uomo dunque in grande crisi, senza più i consueti punti di riferimento, senza poter contare sul suo corpo maschile di cui è andato così fiero in quello che appare ormai un passato che non funge più da base sicura per i comuni valori. Nell’altra incisione a puntasecca Il lavoro nobilita l’uomo sta di nuovo un uomo di cui si vede il busto fino al basso ventre, mentre il resto del corpo è sfumato e comunque non è raffigurato, un uomo senza visibili gambe e in apparente degrado psicofisico, in atteggiamento di stanchezza e nessuna eleganza, seminudo. Quest’uomo, pur posto in prospettiva frontale con il corpo e con mani appoggiate nella cintura in modo per così dire arrogante e poco disponibile per gli altri, ha tuttavia la testa girata da un lato ad occhi bassi, come se guardasse scontento chi l’avesse apostrofato. Il titolo dell’incisione evidenzia sul piano dell’ironia come il lavoro delle braccia non sempre nobiliti l’uomo e altro sia implicitamente ciò che può nobilitarlo, ossia il lavoro della mente.
Così in queste opere realizzate in grande padronanza di tecniche pittoriche e incisorie di Daniela Savini che tratteggia la sua visione di un mondo che riflette la crisi dell’uomo e della donna, non più in sintonia con i valori della tradizione e nel contempo non completamente sicuri dei nuovi valori che li vedono cambiati, ma ancora non in possesso della loro nuova identità come questa si prospetta nel giungere dei tempi nuovi.
Rita Mascialino