Articolo In prima pagina venerdì 30 marzo 2018
In Prima Pagina, settimanale indipendente d'informazione di Rosa Massari Parati
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Molte meraviglie sono al mondo, nessuna meraviglia è pari all'uomo" (Sofocle, Antigone, primo stasimo)
L'uomo, essere di perfezione. Armonioso, simmetrico, così equilibrato nella sua dinamica corporea, ha nell'essere psichico una sua vulnerabilità. Il vulnus infatti è un difetto della perfezione. Se l'uomo è per Protagora misura di tutte le cose, per Sofocle è il déinon: mirabile, portentoso, stupendo, prodigioso, ingegnoso, ma anche terribile, misterioso, tremendo. Quasi un daimon, sorta di angelo incompiuto, diviso tra lo spirito e la materia.
"Il daimon può far ammalare il corpo. E' incapace di adattarsi al tempo, nel flusso della vita trova errori, salti, nodi. Ed è lì che preferisce stare. (James Illman, "Il codice dell'anima").
Chi sono? Che senso ha questa mia esistenza? Qual è la mia direzione?
Sono questi gli interrogativi che danno origine al dramma esistenziale umano. Dal momento che l'uomo non solo sa, ma sa di sapere, e con il sapere, perdendo la sua immediatezza, perviene a una dimensione simbolica e culturale che lo apre al dubbio, alla ricerca. Un logorio della mente, in una condizione di perenne inquietudine, fino all'angoscia. Pur avendo il dono della vita, è un essere che si sente annichilito dalla vita stessa, soprattutto nel mondo occidentale, dove la tendenza a tracciare schemi, cercare simboli, trovare ad ogni costo un senso, genera una costante tensione alla chiarezza, al ragionamento, alla definizione di ogni cosa, che rivela infine un atteggiamento teso a distinguere piuttosto che ad unire.
"Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt - Queste sono le lacrime delle cose e la mortalità ci taglia fino al cuore" (Virgilio, primo libro dell'Eneide)
E' la consapevolezza della caducità che accompagna l'intera storia dell'uomo. Così straziante oggi, in un mondo contemporaneo in cambiamento e in trasformazione.
Non vi è un contesto né una ambientazione definita, non c’è uno spazio misurabile a fare da contenitore alle presenze – corpi, oggetti, simboli – ma sono queste a costruire da sé una spazialità, a definire i piani della visione, a condurre la lettura nelle opere grafiche di Daniela Savini. Le incisioni che la giovane artista presenta in occasione di questa mostra raccontano la personale evoluzione sentimentale e tecnica, il confronto con una lingua di forme, di segni, di toni, che matura prova su prova, piegata dall’indagine e modellata sulla ricerca, sulla propria via di impressioni e contenuti, di estetiche e di messaggi. È questa presenza di corpi, tradotta in forma di gesti, di sguardi, di posture, a condensare il nodo degli interrogativi dell’artista. Sono questioni intime, sono profondi dibattiti interiori a manifestarsi nei personaggi delle opere di Savini, resi con un delicato uso della tecnica della puntasecca, la maniera grafica preferita dall’artista e in grado di rendere un modellato morbido e vellutato, di minimi trapassi chiaroscurali.