Daniela SAVINI
di Ottavio Borghi

La preparazione artistica e la indiscussa capacità tecnica rappresentano per Daniela Savini, il veicolo privilegiato per visualizzare una genuina vena ispirativa che, dal profondo dell'animo tende a dilagare sulla tela.

In ogni sua opera l'autrice riesce a tradurre in immagine con immediatezza sia l'impulso creativo, che il frutto di una fine elaborazione psicologica. Elaborazione che viene a costituire un "trait d'union" fra l'appagamento estetico e le innumeri problematiche interiori, che condizionano la vita dell'individuo considerato singolarmente, ma anche nei confronti del contesto sociale.

Daniela piega sempre la propria inclinazione per il genere ritrattistico e l'ineccepibile valenza mimetica, al servizio della forte caratterizzazione del soggetto, come volesse storicizzare servendosi del suo fine intuito, ogni espressione intesa come peculiarità di uno stato d'animo, così da poter essere definita come l'appassionata e sensibile cronista della dinamica mentale dei suoi protagonisti.

Curiosità, inquietudine, ambizione, speranza, sconforto e rassegnazione scorrono in sequenza attraverso le sue figure, per cui le immagini diventano quasi soltanto i simboli di realtà sconosciute, vincolate ad una "consecutio" sospesa fra la concretezza delle reazioni prevedibili e l'astrazione di quanto può esulare dal potenziale intellettivo umano.

A parte gli inevitabili spunti intellettualistici, classici in una pittura che va oltre la pura espressione istintiva, l'autrice sa mantenersi ben salda su quella scala di valori che da sempre costituiscono l'ossatura della nostra società, come l'amore in tutte le sue accezioni, la famiglia, la comunità.

"Specchio" ed "In attesa" sono le due opere che meglio compendiano lo spirito dell'artista; la prima rappresenta una donna che sbirciando da dietro una tenda, osserva il suo alter ego riflesso dallo specchio, come ad estraniarsi dalla propria identità, e nel contempo sembra chiedersi se il freddo flash fotografico potrà riprodurre l'originale o la sua proiezione virtuale svelando anche i pensieri più intimi; la seconda rappresenta una fanciulla, la cui immagine spicca da uno sfondo corrucciato, che guarda lontano in atteggiamento improntato ad incertezza, forse presagio di un futuro popolato da tante incognite.

Da non dimenticare anche le originali riproduzioni paesaggitiche della Savini che sembrano riflettere ogni caratteristica della sua terra d'origine: dalla dolcezza di boschi e di fiumi all'asprezza delle vedute montane, mai grandi orizzonti, ma focalizzazioni di scorci che con la loro cromia essenziale già suggeriscono vastità ben maggiori. Scorci, paesaggi ed abbacinanti giochi di luce fanno spesso da sfondo a figure umane che muovono verso il futuro, ma anche a visioni tragiche di animali che stancamente abbandonati sull'asprezza di un prato irreale, attendono la morte.

Uomini e donne dallo sguardo espressivo e vivace che però talora si perde nel vuoto, ma anche immagini sconcertanti dall'occhio vacuo che sembra celare tutti i drammi dell'umanità.

Il tutto è condotto con arte in equilibrio sul sottile confine che separa la realtà tangibile da ogni possibile astrazione. Si può quindi affermare che la preparazione della Savini, sia di carattere accademico che umano acquisito sul campo, più che un freno alla spontaneità creativa, né aumentano razionalizzandolo il contenuto romantico, sentimentale e lo spessore del sottofondo poetico.

San Giorgio di Mantova, giugno 2010


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