Incisioni ancora sotto torchio

Daniela Savini, artista ecclettica, si è avvicinata solo da pochi anni all’incisione, dopo aver iniziato il proprio percorso figurativo con la pittura tradizionale. Nonostante la recente conversione tecnica ha già all’attivo numerose mostre, sia personali che collettive, in Italia e all’estero. Tra le molte che si potrebbero citare ricordo solo la recentissima personale al Museo della Stampa a Soncino, in cui il pane, come metafora dell’esistenza, è stato il protagonista.
L’ultimo suo lavoro, invece, rappresenta il naturale continuum della mostra che si è tenuta nella tarda primavera del 2016, all’Archivio di Stato di Mantova, dal titolo "L’Archivio Inciso". Ora, dopo i faldoni carichi di documenti, ci presenta i libri collocati sugli scaffali lignei delle Sale Teresiane. Ma non solo: oltre ai volumi che evidenziano tutto il peso dei loro anni e delle molte mani che li hanno sfogliati e letti, anche gli arredi, gli oggetti, gli ambienti in cui essi sono disposti. Così descrive i globi, le scale a chiocciola, i bianchi e maestosi lampadari in vetro di Murano che adornano le Sale e le rendono sempre affascinanti. Le fotografie ivi scattate, fonti documentarie del lavoro, vengono interpretate e trasfigurate, sino a raggiungere, attraverso vari passaggi, i risultati attesi. Cambia così non solo l’oggetto ma anche le emozioni trasmesse. È, in sintesi, la logica conclusione di un cammino legato alla stessa formazione umanistica dell’autrice: dalla maturità artistica, alla laurea in Conservazione dei beni culturali, al diploma in archivistica, paleografia e diplomatica. L’inclinazione artistica unita alle esperienze di studio in questi ambienti, ha reso naturale l’omaggio a questi luoghi del sapere. Bisogna comunque conoscere e amare questi spazi per poterli plasmare in modo così espressivo, dove appaiono evidenti i segnali che hanno contribuito ad arricchire e formare la sua personalità. Nonostante la diversa nascita, formazione e ordinamento di archivi e biblioteche, essi presentano diversi punti di contatto, in una sorta di identità/diversità che palesemente si avverte in ogni angolo dei loro spazi.

Gli archivi possiedono libri, tesi di laurea, riviste, a corredo della loro storia, della loro documentazione, mentre le biblioteche possono conservare donazioni di archivi e carteggi personali, evidenziando una sovrapposizione di contenuti che rendono i due istituti, soprattutto nello stesso territorio, del tutto complementari. Fantasticando un po’ e dando coscienza alle cose, si può affermare come il libro sia più libero, e non perda di senso come il documento se tolto dal contesto originale; può cambiare i propri vicini, ma rimane egualmente riconoscibile perlomeno attraverso le iscrizioni sulle coste, mentre il documento sempre unito ad altri affini, sembra quasi imprigionato nel contenitore. Queste differenze si percepiscono dalle immagini proposte.
Già le Sale Teresiane sono state oggetto di attenzioni storico-artistiche, attraverso rivisitazioni fotografiche, pittoriche e documentaristiche, ma per la prima volta sono viste con una nuova prospettiva. Si svelano aspetti particolari forse sfuggiti ad occhi pure attenti. Con questa strutturazione delle immagini, si scopre come la luce, i chiaroscuri, conferiscano agli ambienti, ai libri stessi la consapevolezza, immaginando che possano possederla, di detenere una patina di saggezza conquistata solo per il fatto di essere lì, in quei luoghi."


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